Scrittore e patriota italiano. Compiuti gli studi a Lione, nel 1809 si
trasferì a Milano dove, in breve tempo, entrò in contatto con
alcuni dei più illustri letterati italiani, quali V. Monti, M. Gioia, P.
Borsieri, L. di Breme e, in particolare, U. Foscolo. Nel 1815, fu rappresentata
l'opera tragica di
P. intitolata
Francesca da Rimini, che
ricevette le lodi di lord Byron. Partecipe della vita letteraria di quel
periodo,
P. si inserì nel dibattito tra classicisti e romantici
(1816), schierandosi dalla parte dei romantici. Precettore e segretario presso
il conte Luigi Porro Lambertenghi, fu tra i più attivi collaboratori de
"Il Conciliatore", di cui divenne anche capo redattore. Dopo la soppressione del
periodico, tornò a dedicarsi all'attività di autore teatrale e
pubblicò la tragedia
Eufemio da Messina (1820); nello stesso anno,
entrò a far parte della Carboneria e durante l'autunno fu arrestato e
condotto dapprima nelle carceri di Santa Margherita e, successivamente, ai
Piombi di Venezia. Dopo il processo e gli interrogatori del giudice A.
Salviotti, fu condannato alla pena di morte, commutata in seguito in 15 anni di
carcere duro nello Spielberg, in Moravia, luogo in cui fu condotto il 10 aprile
1822. Uscito dal carcere, graziato, nel 1830, tornò in Italia,
stabilendosi a Torino, dove lavorò come bibliotecario dei marchesi di
Barolo. Ricominciata la sua attività di scrittore, nel 1832
pubblicò l'opera che lo avrebbe reso celebre:
Le mie prigioni
(V. MIE PRIGIONI, LE). Il volume di memorie fu
accolto con grande favore dal pubblico, che ammirò l'obiettività e
la lucidità con cui veniva descritta la vita in prigione, la
profondità della riflessione interiore che abbraccia motivi universali,
il racconto delle tappe e delle motivazioni che avevano portato
P. alla
graduale riconquista della fede. Il libro incontrò vasto successo prima
in Italia e poi all'estero, dove ebbe numerose ristampe e traduzioni. A Torino
P. riprese anche a pubblicare tragedie, tra le quali
Ester
d'Engaddi (1830), scritta in carcere a Venezia,
Leoniero da Dertona
(1834), composto allo Spielberg, e la nuova
Gismonda da Mendrisio (1834).
Apparve in questo periodo anche la più significativa delle sue opere
poetiche, la raccolta delle quattro
Cantiche, novelle in versi sciolti di
argomento medioevale, perfettamente in linea con il gusto del tempo,
caratterizzate da uno stile "romantico" che non si poneva il problema di un
effettivo rinnovamento del linguaggio poetico. Nel frattempo, il volume de
Le
mie prigioni si diffondeva all'estero e trovava ampi consensi anche come
testo di propaganda politica, tra le cui righe era possibile leggere un profondo
attaccamento alla patria italiana e un velato attacco contro lo straniero. In
Austria, Metternich tentò addirittura di far mettere il racconto
all'Indice. Nel 1834
P. pubblicò
I doveri degli uomini,
breve trattato di morale religiosa che entrò presto nelle scuole. Nel
1837, infine, l'autore pubblicò il volume delle
Poesie inedite,
che includeva cantiche di argomento storico (
Tancredi,
I
Saluzzesi,
Roccello) e liriche religiose (
Le chiese,
Le
processioni) (Saluzzo, Cuneo 1789 - Torino 1854).